La Venerabile Elena Bettini (1814-1894), fondatrice delle Figlie della Divina Provvidenza, si dedicò, con tutte le sue energie, all’elevazione cristiana delle classi più umili. Nella semplicità di un servizio a tempo pieno, fiduciosamente abbandonata alla Provvidenza di Dio, ha sperimentato nella vita di ogni giorno l’amorosa presenza del Padre.
Elena Bettini nasce a Roma, il giorno dell’Epifania del 1814, da Vincenzo e Lucia Cardinali. E’ una famiglia di cinque figli, semplice e modesta, dove si respira la presenza di Dio. “I miei genitori mi nutrirono nella fede, da loro appresi a conoscere Dio e le vie che a Lui conducono”, ricorderà Elena, con filiale gratitudine quando sarà a contatto con bambini cresciuti alla deriva e ne toccherà con mano le ferite dai mille volti.
Un provvidenziale incontro con Padre Tommaso Manini, nella Chiesa di San Carlo ai Catinari, le rivela il progetto di Dio sulla sua vita. Ha appena 18 anni, Dio la chiama a lasciare tutto, a fidarsi unicamente della Sua Provvidenza.
L’8 settembre del 1832, insieme a due compagne, si consacra al Signore e nasce la Congregazione delle “Figlie della Divina Provvidenza”, dedita all’insegnamento delle fanciulle povere, che, senza alcuna istruzione, attendono la sua risposta che è immediata e per sempre.
Lo scopo dell’Istituzione era nuovo ed ardito per Roma poiché, fino ad allora, l’istruzione era privilegio delle classi elevate e borghesi e le difficoltà da superare furono enormi.
Venuto meno l’appoggio di padre Manini, trasferito a Torino e abbandonata dalle prime compagne, madre Maria Elena perseverò fiduciosa nella Provvidenza, incoraggiata dai cardinali vicari di Roma e dallo stesso papa Pio IX.
La fede semplice e serena nell’amore del Padre illumina anche le notti più oscure dell’Istituto nascente che viene definito: “campato in aria” “destinato a crollare” perché non fa affidamento sulle risorse umane e sbalordisce ogni logica.
La scuola della Provvidenza, che si apre a Via dei Falegnami il 21 novembre dello stesso anno, è del tutto gratuita ed è una novità troppo insolita per non essere avvertita dalla stampa: “E’ uno spettacolo Via dei falegnami rigurgitante di popolane con le loro figliole ineducate e chiassose”. Ma dopo alcuni mesi, dal vicino Collegio Romano, c’è qualcuno che va a godersi ogni giorno “l’edificante spettacolo delle Monachelle che conducono nella Chiesa di San Carlo una lunga fila di fanciulle”: quel giovane seminarista sarà Monsignore Raffaele Sirolli, primo biografo della Bettini. Anche l’osservatore meno sensibile a quel miracolo quotidiano, come lo storico C.L. Morichini, scrive con meraviglia: “… quelle Maestre dette della Provvidenza, vogliono assolutamente essere povere e per nessuna cosa al mondo piglieranno il più piccolo compenso per le loro fatiche”. Quando è deserto intorno, quando si fa notte, quando veglia solo la fede, l’Opera di Dio germoglia, ramifica, si dilata e produce frutto: solo in questa luce capiamo l’umile sicurezza di Elena Bettini nel trasferire la Casa Madre al Testaccio dove nessuno aveva resistito. “Questa è opera per noi” ripete con semplicità disarmante. Sempre attenta ai bisogni degli ultimi, apre lì un asilo-nido, una cucina economica, un laboratorio femminile e un collegio per bambine senza famiglia, accanto alla scuola che oggi porta il suo nome. La nuova casa diviene centro di accoglienza e di luce per un’area umana sempre più vasta e sorge la prima chiesa del quartiere: il Santuario della Madre della Divina Provvidenza.
Un’obbedienza totale caratterizza l’esistenza di Elena Bettini, sempre attenta a cogliere il passaggio di Dio nella sua vita, attraverso le mediazioni umane. Una delle più sofferte, mettendo a disposizione tutto di sé, è al Santo Padre Pio IX che, nel 1856, le affida la difficile direzione del Conservatorio della SS.ma Concezione a Trastevere e nel 1863, le viene chiesto di trasferirsi, come Superiora, in un altro Istituto religioso, presso il quale rimane per tredici anni.
L’umiltà è la sua nota di fondo come la dolcezza il suo segreto: è Madre a tempo pieno nell’amore, nella preghiera, nella fiducia, nella letizia. La sua pedagogia ha qui le radici: “Figlie mie, usate sempre con le vostre bambine la via della dolcezza e della persuasione… Dove basta una parola, il rimprovero è superfluo e il castigo dannoso… Amate le vostre bambine, usate con loro modi semplici e materni… Quanto Gesù ha amato i bambini”!
Madre Elena Bettini, ormai avanti negli anni, chiede ripetutamente di essere sostituita nel compito di guida dell’Istituto e quando avviene, nel 1892, il suo cuore trabocca di gioia e si inginocchia davanti alla nuova Superiora Generale, che l’abbraccia con infinita gratitudine: è Madre Cherubina Camerata che, fin da bambina, ha respirato a pieni polmoni lo stupore di un Carisma, incarnato nella sua Madre e maestra Elena Bettini.
Da quel giorno, pregare e amare diventa il suo unico compito, reso prezioso dalle sofferenze di una vita che declina e come una volta, le preoccupazioni e il lavoro diventavano preghiera tra le sue mani, così ora, questo lungo pregare nel silenzio, questo soffrire segreto diventano pane, energia, luce per le sue figlie.
Continua a raccomandare alle sue figlie la carità vicendevole e lo zelo per le anime, poi, vedendole piangere per l’aggravarsi delle sue condizioni, chiede con materna tenerezza: “perché piangete? La morte è un dono di Dio e ci permette di goderlo in Paradiso, io vi precedo. Osservate le regole e fate tanto bene alle fanciulle, specialmente alle più povere. Scegliete l’ultimo posto sulla terra e avrete il primo nel cielo.”
Nella notte del 21 dicembre del 1894 la traversata è finita, sente che i passi dello Sposo si avvicinano, il suo cuore trema di felicità mentre l’ultimo sguardo cerca il Crocifisso, ma le è davanti, in tutta la Sua luce, il Risorto, l’Amore della sua vita. Il corteo funebre per le vie di Roma è un trionfo di canti, di fiori, di preghiere: “E’ morta la Santa” si sente ripetere tra la folla e una mamma che ha in braccio il bambino paralitico, scopre che è proprio lei, la sua Maestra e, piena di improvvisa speranza, segue il corteo fino al cimitero. Quando tutti se ne sono andati, pone il bambino sulla tomba, sicura che lei lo guarirà, ma le lacrime non le permettono di vedere che il piccolo è già in piedi e sta muovendo i primi passi della sua vita su quella tomba appena richiusa.
Oggi le spoglie mortali della nostra Madre sono a Via Galvani ed è più presente che mai nella nostra storia. Ogni figlia che torna vi sosta a lungo in preghiera, entra nella sua stanza, nel piccolo Museo delle memorie più care e sente che il cuore della Madre è qui.